Troviamo il toponimo VIGONCIA per la prima volta in un atto notarile. Giovanni, del fu Martino di Piove di Sacco. nel Novembre 999, nel giorno delle sue nozze, assegnò la quarta parte di tutti i suoi beni a “Iustina honorabilis filia Berengario abitatrice in loco Vjgoncia dilecta sponsa mea”.
Altri pensano che il nome Vigonza sia legato al fenomeno che in età medievale fece prosperare il paese:chi veniva da Padova a Vigonza incontrava un bivio:una strada portava a Mestre-Venezia, l’altra a Treviso. Da qui il nome “Bicunzia”, ossia biforcazione poi trasformata nella parlata in Vigonza.
In una vendita dell’8 dicembre 1124 Vìgoncia è ripetutamente chiamata invece Vigonza.
Vigonza è oggi il capoluogo di un popoloso Comune, alle porte di Padova, cui fanno capo numerose frazioni e località dalle radici millenarie.
Quest’area fu abitata fin dai tempi dei veneti antichi e venne compresa in quella grande opera di architettura ed ingegneria denominata “graticolato romano”, forse già precedentemente rispetto all’età romana, comunque almeno fin dalla seconda metà del l° secolo a.c.
Il “graticolato” divideva il territorio a nord-est di Padova in un reticolo di vie e di corsi d’acqua delimitanti la campagna vigontina in quadrati perfetti di 710x710 metri.
Si ritiene che le origini del paese si debbano ai longobardi quando, nel 602, incendiarono Padova e si impadronirono dell’agro patavino: da qui l’idea. seppur opinabile, di far derivare il toponimo Vigonza da un capo longobardo di nome Gunz, il quale dopo aver preso possesso di queste terre, fondò il vicus denominato “vicus Guntius” da cui il nome di Vigonza.
Il Medioevo inghirlanda il territorio vigontino di castelli, veri centri di potere per feudatari ricchi e potenti quali le famiglie dei “Da Vigonza, Da Peraga e Dei Dalesmanini”.
Nel 1405 con il dominio della “Serenissima” Repubblica di Venezia, si insediarono numerose famiglie nobiliari che possedevano beni nel territorio di Vigonza ancora fino ai primi dell’800 come i Donà, i Pisani, i Badoer e i Soranzo.
Nell’epoca veneziana vennero costruite superbe ville, abitazioni private di patrizi veneziani e di nobili padovani. La villa diventa, accanto ai casoni e ai rari edifici in pietra, elemento saliente del paesaggio ed allo stesso tempo edificio residenza produttiva, luogo di svago e di riposo, ma anche simbolo di prestigio e di autorità.
La stabilità politica e i quattro secoli di pace di cui godettero le nostre genti sotto la “Serenissima” attenuarono i periodi difficili e dolorosi segnati dalle calamità naturali, come le alluvioni e le malattie, quale peste, tifo ed altre epidemie nonché gravissime carestie, che funestarono nel corso dei secoli, la vita delle popolazioni.
Durante il dominio veneziano, Codiverno e Pionca appartenevano alla podesteria di Camposampiero, Peraga, Vigonza, Carpane e Barbariga alla vicaria di Mirano, mentre S. Vito e Perarolo a quella di Oriago.
Nel 1797, con la caduta della Repubblica di Venezia e l’avvento di Napoleone vi fu una ristrutturazione del territorio in dipartimenti e nei primi anni del 1800 fu istituito il Comune di Vigonza che contò fino al 1819, anche la frazione di Mellaredo oggi appartenente al Comune di Pianiga.
Dopo l’avventura napoleonica arrivò il dominio austriaco ed il vigontino fece parte del regno lombardo-veneto fino al 1866, anno in cui vi fu l’annessione al Regno d’Italia. Le condizioni di vita, dopo l’unità d’Italia, continuarono ad essere miserevoli ed anche nei primi decenni del 1900, il progresso sociale ed economico tardava a far sentire il suo influsso. Bisogna aspettare la fine del secondo conflitto mondiale, per assistere ad un rapido sviluppo economico che ha fatto fiorire le industrie più varie e incentivato l’agricoltura, rischiando però nel contempo, di cancellare le radici culturali e rurali che hanno caratterizzato la zona.
Il vigontino racchiude molte testimonianze storiche ed artistiche significative. Esse conferiscono nobiltà ad un paesaggio che rivela, ad un sguardo più attento, molti tratti delle sue tradizioni e del suo passato. Il nostro itinerario ideale per una visita al territorio nel Comune di Vigonza, parte da nord-est, dove nel rettilineo di Via Caltana, a ridosso di S. Andrea di Campodarsego, troviamo l’antica località di Codivernarolo, già ricordata negli statuti del Comune di Padova, nel XIII secolo. Qui sorgeva il sontuoso castello legato alle medievali vicende della feudataria Speronella Dalesmanini e di suo figlio Jacopo da S. Andrea, personaggio menzionato nel canto XIII dell’inferno dantesco. In quel sito ora sorge la Villa “Da Porto”, costruita nel 1464 subì un radicale restauro nel 1772. Inizialmente era proprietà dei nobili “Frigimelica” ed oggi con l’ampio parco e gli alberi secolari di varie specie, è proprietà dei conti “Da Porto” che ne hanno trasformato un’ala in struttura agrituristica.
Scendendo lungo Via Quattro Cà intravediamo, a ridosso del Tergola, un piccolo edificio rosso raggiungibile da una stradina laterale, che fu il Mulino, appunto, di Quattro Cà. Attraversato il ponte sul fiume in Via Campolino, arriviamo a Codiverno, l’antica “Corte di Inverno”, posta tra le due tergole, ciòè tra i due rami del suggestivo fiume Tergola, in cui si può ammirare il mulino “Santon” nei pressi del ponte per Reschigliano ed il cinquecentesco “Palazzo Frigimelica, che lo storico Andrea Gloria attribuisce al Sansovino.
I Frigimelica, tennero il patronato della chiesa di Codiverno fino al 1920. Di questa famiglia si ricordano vari artisti: Francesco, allievo del Tiziano (1580-1621), Girolamo, che nella qualità di architetto contribuì ad una parte della progettazione di Villa Pisani a Stra (1729) ed Ottavio. che sempre nel 1729, fece restaurare la Villa “Da Porto”. La chiesa parrocchiale, dedicata alla SS. Trinità, fu più volte distrutta e riedificata nel corso dei secoli; l’edificio attuale fu iniziato il 12 Ottobre 1913 ed inaugurato l’8 Dicembre 1926 ed infine consacrato il 29 Maggio 1934. A lato sorge alto e maestoso, il compatto campanile, di forme moderne.
Proseguendo verso Pionca possiamo deviare verso i due cimiteri gemelli di Codiverno e Pionca che si fronteggiano, uno più antico e l’altro più moderno separati dal piccolo piazzale al centro. Superato il fiume Tergola siamo a Pionca, nota fin dal 1127, la frazione più “romana” del territorio, essendo posta sul graticolato. Prende il nome dall’antico fiumicello “Plonca” che l’attraversava o secondo altre interpretazioni, il nome Pionca significa “passaggio-passatoia”.
Nei tempi antichi era famosa per le sue ruote da mulino, oggi vi prospera l’artigianato ed è conosciuta per la produzione vino merlot.
La chiesa parrocchiale anticamente era ubicata nei pressi del Tergola, ma non vi sono rimaste tracce; l’attuale chiesa, dedicata a S. Ambrogio, venne eretta tra il 1935 ed il 1936 e consacrata nel 1970. Degli anni ‘60 è l’alto e slanciato campanile.
Il maggior complesso monumentale del paese è la splendida villa Badoer con l’annessa chiesetta di S. Gaetano del 1758, piccolo gioiello di architettura ora divenuta sacrario dedicato ai caduti di tutte le guerre.
Percorrendo la provinciale “Del Cardo” in direzione Sud arriviamo a Peraga, località di antiche origini che appare ufficialmente in un documento del 1025, il nome deriva dal latino “Petrus ager” (campo di pietro o di pietre, riferito alle numerose fornaci esistenti in passato); altra interpretazione del nome Peraga è che derivi da una medievale torre lignea chiamata “Petracha” come troviamo chiamarsi il paese in un atto notarile del 1126.
L’edificio più importante del paese è il “Castello dei Da Peraga” acquistato nel 1985 dal Comune, che occupa il luogo dove un tempo sorgeva la fortezza dei “Peraga”. Dell’esistenza di un castello a Peraga si ha notizia dal 1258, fu quasi completamente distrutto nel 1319 da Jacopo da Carrara; gli abitanti e le carte topografiche hanno sempre indicato il luogo come “Il Castello”.
Dalla nobile famiglia dei Da Peraga uscirono personaggi illustri, dei quali il più celebre fu Bonaventura (1332-1388), teologo Cardinale agostiniano, al quale è dedicata la via principale del paese.
Il castello oggi, con gli ampi spazi che mette a disposizioni a tutta la comunità vigontina, con l’ampio parco, vero polmone verde, è luogo di manifestazioni, iniziative ed incontri sociali a favore della cittadinanza. Nei pressi possiamo notare il complesso del vecchio mulino sul Tergola e più avanti, in via Arrigoni, troviamo la nobile villa Arrigoni (XVI e XVII), che fu la residenza di Gianbattista Arrigoni, primo Sindaco di Vigonza per ben 33 anni (1867-1900).
Di fronte alla villa, imbocchiamo Via Trevisan dove, all’incrocio con Via Rigato, possiano vedere “Villa Trevisan-Sacchetto” con annessi rustici, oratorio e masseria che costituiscono un importante complesso monumentale. Un’interessante deviazione per Via Paradisi ci porta, dopo avere superato il cimitero e Via Colombo in quella borgata che, nei secoli passati, fu l’antica Peraga. Le quattro case sono disposte sull’ideale poligono di una piazzetta e poco più oltre un capitello del 1926, ricorda il sito occupato dall’antica Pieve di S. Maria di Peraga. La chiesa parrocchiale, dedicata ai SS. Vicenzo e Anastasio, fu ricostruita tra il 1804 e il 1820, dopo il crollo del campanile nel 1802, che la distrusse quasi completamente; la facciata fu aggiunta un secolo dopo e benedetta nel 1934. L’attuale campanile (48 metri) fu iniziato nel 1874 e inaugurato nel 1888.
Da Peraga ci portiamo a Vigonza capoluogo comunale, che ha festeggiato i 1000 anni di storia il 10 novembre 1999. Il centro politico-amministrativo di questo vasto territorio è sito in Via Cavour, con la severa mole di “Palazzo Arrigoni” che ospita il Municipio. Il palazzo è stato costruito nella prima metà del’800 e donato al Comune dalla famiglia Arrigoni.
Prospiciente al Municipio, ispirata alle vedute metafisiche di De Chirico, si apre Piazza Zanella contornata dal “Borgo Rurale” fratelli Grinzato del 1937, opera dell’architetto Quirino De Giorgio (come pure il palazzo situato accanto al Municipio) dominata dall’imponente struttura del teatro comunale. Costruito nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale di epoca fascista, era un omogeneo nucleo urbanistico comprendente le case a schiera, il teatro, la scuola, la palestra, l’aia e il pozzo; gli alloggi erano destinati a famiglie abitanti nei casoni, considerati malsani. Ora è stato restaurato e restituito ad uso pubblico e commerciale, e di fronte è stata costruita la “Fontana del Millenario”, progettata dall’Arch. Brentel ed inaugurata in occasione della celebrazione del Millenario di Vigonza con il Sindaco Carraro Guido e la benedizione del parroco vicario Don Claudio Bellotto il 10 Novembre 1999.
Il centro religioso di Vigonza è sito in Via Roma, dove sorgeva il Monastero degli Agostiniani Regolari, di cui si ha notizia per la prima volta il 12 Giugno 1136. Oggi di quello che fu il Monastero di S. Margherita di Vigonza non resta che un edificio adibito a canonica, un pregevole chiostro e una bella trifora gotica del ‘400.
La chiesa dell’antico convento a tre navate (del 1100), fu demolita prima del 1821 e riedificata da Giuseppe Jappelli, ma già nel 1836 cadde in rovina. Al suo posto fu costruita una chiesa in stile rinascimentale a una sola navata, che iniziata nel Novembre 1934, fu aperta al pubblico nel 1937 ed ebbe la facciata rovinata durante una incursione aerea il 20 Marzo del 1945. Nel restauro che ne seguì, la chiesa fu prolungata di sette metri e ampliata con l’apertura nelle pareti laterali di quattro cappelle e del battistero. I lavori cominciarono dall’installazione del nuovo magnifico organo. Una citazione a parte merita il campanile, in stile romanico. Iniziato dall’ultimo priore agostiniano di Vigonza il 4 Aprile 1453, fu terminato molti anni dopo, nel 1517, quando già chiesa e convento erano passati alle monache benedettine. del convento di S. Maria della Misericordia di Padova, che vi tennero fino alla soppressione del loro ordine nel 1810. Come già la chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio di Peraga che vanta un seicentesco dipinto di Gianbattista Bissoni raffigurante la Madonna trasportata in cielo dagli angeli, non è meno ornata la parrocchiale di S. Margherita di Vigonza che è arricchita nell’altare maggiore di una buona tavola di un maestro veneziano della metà del secolo XVI1I raffigurante la Madonna con il bambino e S. Giuseppe, e al piano nel mezzo S. Margherita con altri santi. Nell’altare maggiore troviamo pure il bel affresco con cristo e i santi attribuito ad Andrea da Murano, che si trovava in precedenza in canonica, nell’ex sala capitolare del Monastero. In Via Carpane, dopo l’attuale canonica, si staglia l’imponente sagoma di Villa Barison, costruita nel 1520 da Nicolò Barison da Vigonza sopra le rovine del Castello degli Avi. Percorriamo ora Via Molino e nei pressi del Ponte sul Tergola incontriamo i vecchi “molini di Vigonza”, ora sede di un laboratorio artigianale. Da qui si prosegue per Via Prati dove si eleva “l’obelisco” eretto dal Comune di Vigonza in ricordo dell’incontro fra il Re D’Italia Vittorio Emanuele II e l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. L’incontro si svolge in questa zona detta dei Prati il 6 aprile 1875. I due sovrani festeggiarono la loro ritrovata pace dopo le guerre di indipendenza fra una folla festante. Fu l’occasione della prima grande rivista militare del nuovo esercito italiano. Sfilarono nel complesso 17.000 uomini. Dalla chiesa, percorrendo Via Carpane. si arriva alla località di Carpane, che fu un antico centro benedettino, circondato da boschi di carpine, da cui prese il nome, caratterizzata dall’antica chiesetta di S. Pietro, già citata nel 1297. Proseguendo si arriva alla località di Barbariga, in un paesaggio in cui predomina il verde con case sparse e vecchie ville. Qui vi è la stazione ferroviaria di Vigonza-Pianiga sulla linea Padova-Venezia. Nella zona del Colmello troviamo la villa “La Barbariga” dei secoli XVII-XVII1, ora Basaglia, con parco e oratorio in cui è posta un pala della Beata Vergine di scuola Tiepolesca.
La parte sud del Comune è quella che ha subito i maggiori mutamenti ed è tuttora in continua espansione, essendo attraversata da grandi vie di comunicazione quali la ferrovia, l’autostrada, la statale per Venezia e lo svincolo della tangenziale verso Padova, nonché la vicinanza alla città di Padova.
La frazione di Perarolo, appare per la prima volta in un documento del 1025 e nel 1064 viene menzionata come il più antico feudo del vigontino, di cui è detentore il nobile Uberto figlio di Ariprando da Fontaniva. L’abitato di estende lungo Via Diaz, dove si trova il nuovo centro con la moderna chiesa, all’interno è custodito il famoso e bellissimo Cristo moro, in legno, attribuito allo scultore bellunese Andrea Brustolon (secolo XVI), costruita negli anni ‘70 a seguito della nascita della parrocchia di Busa, rimpiazzando la vecchia chiesa parrocchiale di S. Andrea risalente al 1064, restaurata nel 1600, venne ampliata nel 1800 ed attualmente chiusa.  Lungo Via S. Gregorio Barbarigo, all’altezza di un capitello eretto dai fratelli Marinoni nel 1760, si può notare il palazzo padronale settecentesco della famiglia Fongaro. Il nome Perarolo indica il mucchio di pietre che, posto lungo un’antica strada, segnava confini o forniva indicazioni ai viandanti.
Da Perarolo si arrivo subito a Busa, la più recente tra le frazioni del Comune e la più densamente abitata, si è costituita da una porzione di Perarolo negli anni ‘70, con il rapido sviluppo edilizio ed il moltiplicarsi delle attività economiche della zona. Conosciuta per il famoso tunnel ferroviario della linea Padova-Venezia costruito nel 1862, e fino a pochi anni fa tortura degli automobilisti prima della costruzione del nuovo sovrapasso e dello svincolo che hanno liberato la località dalla morsa del traffico. La moderna chiesa parrocchiale è dedicata alla Beata Vergine di Lourdes.
Attraversato il ponte sul Brenta svoltiamo in Via Martiri della Libertà, e dopo il sottopasso dell’autostrada arriviamo alla più piccola delle frazioni, S. Vito, che a causa del raddrizzamento dell’ansa del fiume, nel 1854, venne a trovarsi al di là del Brenta, come “un’isola”, incastrata nel territorio di Noventa Padovana e per di più stretta da due autostrade. La chiesa parrocchiale ha la struttura tipica dell’epoca longobarda ed appare in un documento del 1132, fu ricostruita tra il 1746 e il 1782, come risulta da una pietra incastrata all’esterno della abside. L’altare della Madonna, prima dedicato alla Madonna della Neve (1572) presenta un pagliotto in scaiola di notevole fattura. Si mette in evidenza la pala dell’altare dove sopra i santi Carlo Borromeo, S. Vito e S. Francesco si innalza fra le nuvole la Madonna con il bambino. La pala è opera di un pittore veneto attivo a cavallo tra il XVI e XVII secolo. La base del campanile risale almeno al XII secolo. Interessante è Villa Gloria, settecentesca, inserita in una bel parco, residenza dell’insigne storico Andrea Gloria (1821-1911), come ricorda una lapide sulla facciata verso l’autostrada.